LA STORIA DELL'AC

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Camminiamo con audacia sulla strada della speranza

Le conclusioni del Presidente nazionale Ac. Organizzare la speranza, facendo nostro l’appello di Francesco alla realizzazione di una vera ecologia integrale. A partire dalla conversione dei cuori. In cammino, senza paure.

Organizzare la speranza, fare nostro l’appello di Francesco alla realizzazione di una vera ecologia integrale. Vivere la quotidianità della nostra gente, aiutandola a sentirsi comunità. Servire la Chiesa e il Paese in tutte le sue mille e mille contrade e specificità. Vivere con gioia e autenticità quella conversione dei cuori e dei corpi che richiede la costruzione di un futuro più a misura dei piccoli, che sono coloro che hanno patito di più gli effetti della pandemia; dei giovani che meritano di trovare più ascolto, più fiducia, più responsabilità nel decidere come costruire l’Italia di domani e la Chiesa di domani. Sentirsi immersi in un vero è proprio laboratorio di futuro dove ci si fa carico delle domande che abitano l’animo di ciascuno di noi. Alla Settimana sociale di Taranto papa Francesco ci ha chiesto ancora una volta di “camminare con audacia sulla strada della speranza” e di non “non rimane nell’indifferenza” rispetto alle vite, alle storie e ai volti che incrociamo. L’impegno dell’Ac deve essere incarnato già da oggi nell’aiutare a fare si che si realizzino legittime speranze di ciascuno: lavoratori lasciati a casa senza opportunità; poveri e migranti non accolti e non integrati; anziani abbandonati alla loro solitudine; famiglie vittime dell’usura, del gioco d’azzardo e della corruzione; imprenditori in difficoltà e soggetti ai soprusi delle mafie. Senza dimenticare le persone ammalate, adulti e bambini, i lavoratori costretti a lavori usuranti o immorali, spesso in condizioni di sicurezza precarie.

È con questo bagaglio di concretezza, e a questa storia nella Storia, che il presidente nazionale dell’Ac Giuseppe Notarstefano chiude il Convegno dei presidenti e assistenti unitari diocesani di Azione Cattolica, sottolineando quanto questi giorni di confronto siano stati «giorni fraterni che ci hanno fatto gustare la bellezza della vita associativa, nel continuare a volerci bene e a voler bene all’Ac e alla Chiesa». Per questo «ringraziamo il Signore, per un tempo, per questo tempo che ci è dato, che se pur faticoso e difficile ci consente di costruirne il cambiamento». Come emerso durante i lavori, prosegue Notarstefano, «la pandemia ha solamente svelato e accelerato alcuni limiti del nostro vivere. Ecco perché sentiamo, più che mai, un grande bisogno di conversione; certo ecologica ma prima ancora una conversione spirituale, interiore e profonda; un ritorno all’essenziale della vita associativa, ecclesiale; un ritorno alla radicalità evangelica».

«Per l’Azione Cattolica», spiega il presidente nazionale, «passare all’altra riva non può essere semplicemente la transizione, il trasferimento fisico, da una riva all’altra, ma è una trasformazione che osa andare oltre la geografia delle distanze, oltre la dialettica vicini-lontani, ma il sentirsi insieme inviati ad annunciare il Vangelo, che ancora oggi è per tutti. Significa assumere la forma bella di una vita piena vissuta nella generosità, nella gratuita; generativa e disponibile a stupirsi dell’opera dello Spirito che abita la vita di tutti le persone». Come ci ha ricordato Francesco lo scorso 30 aprile – ricorda il presidente Notarstefano – «farsi prossimi e la traduzione dell’essere realmente azione cattolica». Sapendo che «il signore è con noi, dorme a poppa ma è con noi, si fida di noi, si fida della nostra capacita di immaginare il futuro, di darci da fare, di impegnarci per affrontare tutti insieme questa traversa, andando oltre le paure del tempo».

«Paura, poi. Ma di cosa?», si chiede il presidente nazionale dell’Ac. «Il Signore è con noi e semina ancora. Egli continua a chiamare operai premiandoli qualunque sia l’impegno profuso. Perché paura, dunque?». «Forse – incalza Notarstefano – paura di una spoliazione che ci sta costringendo all’essenzialità? Paura degli altri? Paura dell’indifferenza, la forma più crudele di questo tempo? Oppure, paura dei nostri parroci, dei nostri vescovi?». Forse la nostra è solo paura di non riuscire a farcela, di non essere efficienti». Ebbene, spiega il presidente Notarstefano, « di tutte queste paure il Signore oggi ci dice di non temere. Ci chiede piuttosto di amarci come lui ci ama. Ci chiede di camminare e vivere insieme condividendo l’essenziale, perché così il mondo si salverà per mezzo di Lui».

Un cammino insieme che è cammino sinodale, di Chiesa e personale, «vissuto non solo come cammino ecclesiale ma come cammino spirituale, che ci cambia nella misura in cui saremo disponibili a cambiare», spiega il presidente Ac. «Non passiamo rimane in superfice, correndo il rischio del formalismo. Il metodo in questo senso è l’esodo. L’uscire da noi stessi per camminare verso gli altri, accettando domande e critiche, che sono i veicoli per istaurare un dialogo con le persone e con questo nostro tempo. È vero, ci sentiremo disarmati, ma questo non è un limite, è un atto di fede verso il Signore, poiché la nostra forza è Lui, la nostra forza è il noi come associazione e come parte della sua Chiesa».

«Attraverso le nostre debolezze, il Signore ci fa compiere grandi cose, come Maria. Il suo amore è generativo, si nutre della forza dei legami che costruisce. Noi per questo dobbiamo ridisegnare la nostra formazione riconnettendola alla vita della nostra gente. È bene dunque che la nostra vita associativa, la nostra prassi, sia un luogo dove le persone possano abitare, dove si sentano accolte da linguaggi e forme capaci di cogliere l’intelligenza della storia», sottolinea Notarstefano. «In questo aiutati dai nostri assistenti, che ringrazio per il loro servizio di accompagnamento, grazie al quale si dilata la nostra l’ecclesialità». Anche con il loro aiuto «noi continueremo a costruire alleanze, perché vogliamo costruire un mondo nuovo, una vita nuova. Alleanze per il bene comune, per educare al bene comune, frutti concreti di una conversione che ha una radice biblica ma anche una dimensione politica, poiché si basano su impegni concreti per la transizione ecologica, economica e sociale integrale; impegni che ci fanno riscoprire tutti fratelli e sorelle».

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