Seppur con ritardo l’opinione pubblica occidentale prende progressivamente atto del ruolo delle fedi nelle identità statuali dell’Oriente europeo e si interroga sul ruolo delle fedi, e in particolare delle confessioni ortodosse nell’aggressione militare della Russia all’Ucraina. Sono ormai numerose le voci critiche che, dall’interno dell’Ortodossia si sono levate per stigmatizzare l’acritico consenso del patriarcato di Mosca alla politica imperiale e aggressiva del presidente della Russia, Vladirim Putin.
Prevedibili le vive proteste delle Chiese non di obbedienza russa operanti in Ucraina. La Chiesa ortodossa autocefala, la Chiesa cattolica sia di rito latino che di rito greco-bizantino, le comunità protestanti, l’islam locale e l’ebraismo. C’è in Ucraina una istituzione che raccoglie tutte le Chiese e le religioni e i suoi rappresentanti si sono ritrovati più volte per una preghiera comune a sostegno dell’indipendenza del paese.
Meno scontate le opposizioni di gerarchi e comunità ortodosse di obbedienza moscovita. L’ortodossia ucraina che fa riferimento al metropolita Onufrio, membro del santo sinodo della Chiesa russa, è la Chiesa più consistente del paese. Il giorno stesso dell’invasione, 24 febbraio, Onufrio ha alzato la voce per chiedere l’immediata cessazione dell’operazione militare e suggerire al patriarca di Mosca, Cirillo, di intervenire in merito presso il presidente Putin. Atto coraggioso che replica il precedente dissenso all’invasione russa in Crimea nel 2014. Ma, giorno dopo giorno, il sostegno di Cirillo alla guerra è diventato più evidente e si è trasformato non più in uno scontro locale, ma nella contrapposizione fra bene e male e nella contrapposizione agonica fra la sana tradizione culturale, spirituale e politica della Russia contro il declinante e immorale Occidente. 280 preti russi, molti dei quali all’estero, hanno firmato una dichiarazione fortemente critica al patriarca e alle sue parole chiamando l’invasione con il suo nome, non più come operazione militare speciale, e chiedendo la fine immediata del conflitto.
Poche settimane dopo numerose comunità ortodosso che fanno riferimento al primate Onufrio hanno cessato di commemorare Cirillo nelle celebrazioni liturgiche e 15-20 diocesi (su 52) lo hanno fatto in termini formali. Il mondo ortodosso, dal patriarca di Costantinopoli a quello di Romania, dal patriarca di Georgia a quello di Alessandria fino a molta parte della diaspora hanno denunciato l’insostenibilità della posizione di Mosca. Oltre 500 teologi ortodossi hanno motivato la dura condanna delle ragioni ortodosse russe. Alle voci critiche si sono recentemente aggiunte la condanna dell’eparca Giovanni, responsabile per uno dei ceppi ortodossi in Francia, e del metropolita di Helsinki di Finlandia. Il 14 aprile oltre 300 preti delle diocesi ucraine che fanno riferimento al primate Onufrio hanno espressamente chiesto la rimozione di Cirillo dal suo incarico.
La compromissione dell’ortodossia nella guerra è evidente nell’indirizzo teologico della Chiesa russa, il Russkij Mir (spazio o pensiero russo). Mentre è comprensibile che Mosca cerchi buoni rapporti pastorali con le Chiese ortodosse che prima facevano parte dell’Unione Sovietica, è intollerabile che questo comporti l’identificazione dell’etnia russa con il Regno di Dio e la conseguente evacuazione dell’universalità della fede cristiana ortodossa. Minore, nell’ordine della giustificazione bellica, è il ruolo dello scisma in atto fra Ortodossia slava e Ortodossia ellenica. Il riconoscimento dell’autocefalia a una parte della Chiesa ortodossa ucraina (di contro a quella filo-russa) ha certamente alimentato una qualche tensione interna alle comunità ortodosse ucraina, ma non porta responsabilità diretta nell’aggressione russa. Ancora meno colpevole è la tradizionale dottrina della sinfonia fra Chiese e stato, dottrina secolare delle comunità ortodosse che ha conosciuto declinazioni assai diverse. Semmai il suo limite è di non aver mai tematizzato in forma organica il possibile conflitto fra Chiese e potere e la possibilità di un “stato di confessione”, della scelta necessaria di uno scontro in fedeltà al Vangelo.
Viviamo una stagione di scandalo, una guerra fra popoli cristiani, e, conseguentemente, un tempo di necessaria conversione al Vangelo.
*padre Lorenzo Prezzi, dehoniano, giornalista, è direttore del blog di informazione SettimanaNews e della rivista per la vita religiosa Testimoni