Lo scorso lunedì 25 ottobre si è svolto l’Incontro tra una rappresentanza dei parlamentari italiani e responsabili delle maggiori organizzazioni cattoliche italiane, tra questa l’Azione cattolica, per presentare la petizione “Pianeta sano, persone sane”, promossa a livello mondiale tra gli altri dal Movimento Laudato si’ e volta ad esortare cittadini e politici ad assumersi maggiori responsabilità nell’affrontare i cambiamenti climatici e i fenomeni correlati, a partire da impegni più ambiziosi nella COP26 e nella COP15, considerando anche il ruolo del G20.
Sulla scia dell’appello di Francesco a “custodire la casa comune” e delle intense giornate di Taranto, degli impegni concreti presi e delle alleanze da costruire, delle “buone pratiche” da copiare per dare un domani al pianeta che abitiamo, i cristiani hanno il dovere di alzare la loro voce adesso e dire alla politica nazionale, europea e mondiale il tipo di futuro che vogliono. Ancora una volta, quindi, vi invitiamo a firmare la petizione “Pianeta Sano, Persone Sane” ed a promuovere iniziative per la raccolta firme nelle vostre parrocchie e territori, coinvolgendo tutti ad essere cittadini attivi. Adesso è il nostro momento di innalzare le grida della Terra e il grido dei poveri.
Di seguito vi proponiamo l’intervento all’incontro di Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Ac
La transizione ecologica sarà tale solo se sarà una trasformazione integrale, una conversione secondo il paradigma complesso (poliedrico) dell’ecologia integrale che contempera un dialogo tra le diverse istituzioni e tra le istituzioni e la società civile organizzata.
L’incontro di oggi pomeriggio segna un passo significativo e importante in questa direzione, non tanto e non solo per ridurre una distanza che oggi appare preoccupante tra cittadini e istituzioni ma per promuovere quel modello di democrazia partecipata che rigenera e rivitalizza gli istituti democratici. Ci auguriamo che il parlamento e il governo italiani siano in questo senso sempre più un esempio virtuoso per gli altri paesi comunitari ed oltre, investendo non solo nella “capacity building” necessaria per l’implementazione delle politiche pubbliche ma anche nella “community building” che si esprime nella opportunità di contemperare le esigenze di una governance che non può essere alimentata da una visione globale con la necessità di valorizzazione della biodiversità culturale e civica che proviene dai territori e dal locale. Il terzo Pilastro (Raguran Rajan)
Ciò richiede un esercizio di ascolto che va promosso con convinzione ed effettività a cui si accompagna anche il riconoscimento di tutto ciò che di positivo il locale è capace di esprimere.
Inizieremo o meglio “ricominciamo” dal basso e dal locale (Fratelli tutti, 78)
Tale è il percorso che abbiamo elaborato e vissuto in occasione della 49^ Settimana Sociale che ha messo al centro il tema della transizione o meglio della conversione ecologica che abbiamo voluto tradurre con l’immagine del “Pianeta che speriamo”. Un grande processo diffuso di partecipazione che si è sviluppato anche nei difficili mesi del distanziamento sociale che ha realizzato una rete tra parrocchie, associazioni, imprese for profit e no profit, amministrazioni locali, scuole università e centri di ricerca nella convinzione che la transizione è un processo già in atto e che va rafforzato intensificando e articolando le relazioni di cooperazione, le interazioni e sinergie e le azioni di sistema. Non solo un repertorio di buone pratiche! Ma una visione elaborata in modo corale (together possible), un laboratorio politico particolarmente animato dai più giovani, autentici protagonisti di tale processo.
Dalle giornate di Taranto emerge una visione di sostenibilità che è ad un tempo denuncia e richiesta di una decisa tutela dell’ambiente e delle biodiversità attraverso azioni emblematiche come il disinvestimento sui combustibili fossili, sia promozione di modelli e pratiche energetiche ed economiche ad impatto sull’ambiente e sulla comunità (come la promozione delle comunità energetiche). La transizione ecologica – come emerge anche alla petizione che abbiamo sottoscritto – disegna una visione differente di progresso e di sviluppo che scommette su una visione più ricca e densa dell’umano. È la visione dell’umanesimo cristiano che – mi permetto di dirlo con molta umiltà ma anche con grande convinzione – rivela ancora oggi una forte capacità istituente per affrontare con determinazione la sfida del cambiamento climatico e della ricerca di un nuovo assetto più inclusivo e giusto della globalizzazione.