Francesco apre l’assise di Taranto con un Messaggio rivolta ai partecipanti in rappresentanza delle comunità ecclesiali italiane e indica da subito il durante e il dopo Taranto: “la strada della speranza”, l’unica possibile per superare la tragedia della pandemia e i suoi nefasti effetti e promuovere quel cambiamento d’epoca che dev’essere soprattutto “a beneficio delle giovani generazioni”. Una strada da percorre con “audacia” e “contrassegnata da tre cartelli”. Una segnaletica per un domani più solidale, impegnato nella costruzione quotidiana del bene comune, vera ragione sociale dell’agire di ogni buon cristiano.
L’attenzione agli attraversamenti
Il primo di questi cartelli è l’attenzione agli attraversamenti. Si tratta di essere attenti a scorgere, ci dice Francesco, “volti e storie che ci interpellano”. A non passare mai oltre. Ad avere occhio e cuore del buon samaritano. Non si può “rimanere nell’indifferenza” di fronte alle sofferenze di fratelli e sorelle che sono “crocifissi” in attesa della risurrezione. Qui si gioca la partita forse più impegnativa: mettere in campo la “la fantasia dello Spirito”, perché solo la Grazie della fede che sapremo custodire e alimentare in noi potrà aiutarci “a non lasciare nulla di intentato” per i fratelli e perché le loro legittime speranze si realizzino.
Il divieto di sosta
Il secondo cartello che Francesco propone è “il divieto di sosta”. Francesco sottolinea che “la speranza è sempre in cammino” non procede a tappe discontinue. Non vive di impegno sporadico e diluito. Non è azione festiva, ma impegno feriale. La speranza non si arresta innanzi agli ostacoli del momento. Non ha paura e non tace innanzi ai mille volti del male e dell’ingiustizia. Paura e silenzio sono i suoi contrari, che “finiscono per favorire l’agire dei lupi del malaffare e dell’interesse individuale”. In particolare, sottolinea Francesco, non si deve “avere paura di denunciare e contrastare l’illegalità”, né timore “di seminare il bene”.
L’obbligo di svolta
Il terzo cartello che Francesco pone sulla strada della speranza è “l’obbligo di svolta”. Per avviare una transizione ispirata dalla prospettiva dell’ecologia integrale sono necessari nuovi approcci: “Il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando”, scrive Francesco, “esige un obbligo di svolta”. Abbiamo un orizzonte e degli esempi, tanti buoni esempi” cui guardare, veri “segni di speranza. Sono le donne e gli uomini che “nel nascondimento operoso, si stanno impegnando a promuovere un modello economico diverso, più equo e attento alle persone”. Dobbiamo abbandonare sfiducia e pigrizia, quel ‘non cambia mai niente’ e abbracciare “l’obbligo di svolta”: non un semplice cambio di direzione ma un cammino nuovo lungo il solco della speranza. Lo invocano il grido dei poveri e quello della Terra. Francesco ricorda le parole di don Tonino Bello, “profeta in terra di Puglia”, che amava ripetere: «Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza!».
Siamo dunque chiamati a una profonda conversione che tocchi, prima ancora dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore. La svolta verrà solo se sapremo formare le coscienze a non cercare soluzioni facili a tutela di chi è già garantito, ma a proporre processi di cambiamento duraturi, a beneficio delle giovani generazioni. Tale conversione, volta a un’ecologia sociale, può alimentare questo tempo che è stato definito “di transizione ecologica”, dove le scelte da compiere non possono essere solo frutto di nuove scoperte tecnologiche, ma anche di rinnovati modelli sociali.
Nel messaggio Papa Francesco indica dunque un cammino da compiere, l’ecologia integrale, e un “carburante”, la speranza, per procedere. Da Taranto, “città simbolo delle speranze e delle contraddizioni del nostro tempo”, per la 49ª Settimana Sociale si levi dunque – lo chiede Francesco – “un desiderio di vita, una sete di giustizia, un anelito di pienezza”, che è “quanto sgorga oggi dalle comunità colpite dalla pandemia”. “Ascoltiamolo”. Ricordando il contesto della crisi generata dal Covid, “crisi insieme sanitaria e sociale”. Francesco va oltre e indica una direttrice. “Per uscirne – sottolinea – è richiesto un di più di coraggio anche ai cattolici italiani. Non possiamo rassegnarci e stare alla finestra a guardare, non possiamo restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società. Siamo chiamati a essere lievito che fa fermentare la pasta”.
La strada della speranza indicata da Francesco, con i suoi “cartelli” che la costeggiano, sono già impegno condiviso per le donne e gli uomini di Azione cattolica di tutte le età. Segno visibile di questo impegno è anche la presenza all’assise di Taranto di una nutrita delegazione della Presidenza nazionale di Ac. Con il Presidente Giuseppe Notarstefano, che è membro del Comitato organizzatore delle Settimane sociali, sono presenti il Segretario nazionale Michele Tridente, l’amministratore Lucio Turra, la vicepresidente Ac per i giovani Emanuela Gitto, il Segretario e il Vicesegretario Mlac, Tommaso Marino e Maurizio Biasci, il Segretario Msac Lorenzo Pellegrino, gli Assistenti centrali don Fabrizio De Toni e don Mario Diana. Il pianeta che speriamo è quello “dove la cultura del dialogo e della pace fecondino un giorno nuovo, dove il lavoro conferisca dignità alla persona e custodisca il creato, dove mondi culturalmente distanti convergano, animati dalla comune preoccupazione per il bene comune”.