Radicati nella Chiesa locale
Il cammino associativo di questi trent’anni ci ha consentito di sperimentare la ricchezza della scelta ecclesiale dello Statuto del 1969: assumere cioè come propria finalità la finalità stessa della Chiesa, vivendo questo orientamento non in un generico riferimento ad essa, ma nella concretezza del radicamento locale, là dove la Chiesa prende il volto di una terra, di una cultura, di una storia, di una città e prende la forma di una comunità raccolta attorno al proprio vescovo. L’intuizione espressa all’articolo 6 dello Statuto del 1969 è diventata vita; e oggi essa può essere riproposta in maniera più consapevole e decisa, con la forza di una prospettiva che è già stata messa alla prova, in una più matura e piena assunzione del magistero conciliare sulla Chiesa locale, che ci siamo impegnati a vivere e che vogliamo continuare ad arricchire con la nostra riflessione ed esperienza.
I nostri vescovi hanno definito l’AC come l’esperienza di «laici dedicati con legame diretto e organico alla comunità diocesana»5. Abbiamo accolto volentieri e con gioia una definizione che interpreta le intenzioni più profonde della nostra vita associativa, che sente come vitale il legame con la propria Chiesa, che vuole realizzarsi non facendo questa o quella cosa, assumendo questo o quel progetto ma piuttosto attraverso una disponibilità aperta e totale, creativa e responsabile all’interno della propria Chiesa e del suo cammino, nel desiderio di contribuire a costruirla con il pensiero e con il servizio, nella condivisione della sua fede e della sua missione, con la corresponsabilità pastorale e con la disponibilità a esplorare nuovi spazi di missione. In modo particolare l’AC vuole stringersi attorno al proprio vescovo per condividere il suo ministero di costruzione della comunione, perché le nostre comunità annuncino il Vangelo presentandosi prima di tutto come spazi aperti, fraterni, accoglienti. Scegliamo di vivere radicati nella diocesi al punto che, pur rimanendo noi stessi, questa dedizione viene prima di ogni nostra scelta specifica, pronti a fare nostre le specificità di ogni Chiesa locale. La scelta dell’Atto normativo diocesano (cfr. articolo 21 dello Statuto) ha qui la sua ragion d’essere: perché l’AC possa servire meglio la propria Chiesa nelle mete e nei progetti che essa si dà. Non perderemo nessuna «unità», semmai supereremo il rischio di una certa «rigida uniformità» e soprattutto, in un contesto di cambiamenti velocissimi, libereremo quella «fedeltà creativa» che viene dallo Spirito e dalla ricchezza delle nostre associazioni.

Sappiamo che il luogo naturale e quotidiano in cui vivere il nostro radicamento ecclesiale è la parrocchia, dove la Chiesa si fa incontro a tutti; dove essa fa famiglia, condividendo la vicenda umana di tante persone e portando accanto a ciascuno la luce e la forza del Vangelo. La comunità parrocchiale continua ad essere il contesto ecclesiale in cui l’AC si impegna a svolgere il suo servizio quotidiano perché la Chiesa divenga ogni giorno casa per tutti, capace di annunciare a ciascuno la speranza del Vangelo.
5 Lettera del Consiglio episcopale permanente della CEI alla Presidenza nazionale dell’ACI, Roma, 10 marzo 2002, 4.

Indice
- Introduzione
- STATUTO
- Norme fondamentali
- Parte prima
- Parte seconda
- REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE
- Documento normativo Msac
- Documento normativo Mlac
- Relazioni tra Aci e Fuci, Meic, Mieac