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Quattro parole per immaginare il futuro

Settimana sociale/11. Ecologia integrale, alleanze, giovani e sviluppo sostenibile: da Taranto la sfida a cambiare i nostri comportamenti nei confronti dell’ambiente, del lavoro e della politica

Cosa ci portiamo a casa da Taranto dopo questa kermesse che ha visto tutta la Chiesa italiana, laici, presbiteri, associazioni e movimenti, trovarsi a discutere del “pianeta che speriamo?

Innanzitutto la certezza che uno dei nodi centrali del pontificato di papa Francesco sia stato recepito non solo dalla comunità ecclesiale, ma anche da quella civile, soprattutto dalle nuove generazioni. L’ecologia integrale, così ben descritta nella Laudato si’, non è solo un decalogo dei buoni sentimenti individuali ma un’opzione preferenziale, soprattutto in questo tempo di crisi e inevitabilmente di cambiamenti, che riguarda tutta la persona. Scegliere l’ecologia integrale come paradigma della nuova modernità è assumere un atteggiamento responsabile nei confronti dell’ambiente, delle nostre città e dei nostri territori, della comunità civile e della politica. L’ecologia integrale, quindi, diventa uno dei capisaldi dei prossimi anni che occuperà, discernerà e orienterà la buona politica in tutto il mondo.

La seconda parola che ci portiamo a casa da Taranto è la cultura delle Alleanze. Insieme si fanno le cose. Anche se è più difficile, più rischioso, persino tutto più lento. Se “il” tutto è connesso, allora è meglio farlo “insieme”. Perché insieme si superano le paure e le fragilità, insieme si costruisce bene comune, insieme si allontanano le ingiustizie e insieme guardiamo a uno sviluppo sostenibile. Insieme impariamo a vivere le nostre città e ad abitare le nostre case e i luoghi del lavoro.

Un’altra parola che è scaturita in modo forte è giovani. L’ecologia integrale che noi immaginiamo è in mano soprattutto ai giovani, portatori di valori etici e civili e costruttori di buone alleanze. Saranno loro, ma già lo stanno in realtà facendo ora, che costringeranno la geopolitica cannibalizzata dalla finanza senza controlli, a guardare in faccia a una realtà che esige cambiamenti radicali, soprattutto in tema di ambiente, lavoro e futuro sostenibile.

L’ultima parola, che forse però è la prima del lessico del nuovo millennio, è sviluppo sostenibile. Non che sia mai esistita, perché in fondo è stata per tanto tempo l’ospite atteso di convegni e seminari, di corsi di laurea e di progetti politici annacquati però dal consumismo fine a sé stesso e da una globalizzazione selvaggia che non ha fatto prigionieri. Lo sviluppo sostenibile che è stato evocato a Taranto è già molto: sono le buone pratiche di resilienza e ripresa economica che sono nate, quasi di nascosto, nei nostri territori, sono le proposte che i gruppi tematici hanno inviato alla politica, dove la premialità alla sostenibilità e a tutto ciò che riguarda il bene comune è in primo piano, sono infine lo sguardo non più pietistico verso le disuguaglianze e le marginalità che diventano parte integrante di valore e crescita economica.

Quattro parole per immaginare buon futuro. Da Taranto arriva questa sfida. L’impressione è che questa volta ce la possiamo fare.

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