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Oltre il sagrato, con coraggio e audacia

Dialogo, umiltà, percorso comune: è il tracciato che mons. Russo, segretario generale della Cei, indica a tutta la Chiesa italiana per il Cammino sinodale in corso. Pubblichiamo un estratto dell’intervista che apparirà nel nuovo numero di Segno nel mondo che uscirà giovedì prossimo

«Carissima, carissimo, tu che desideri una vita autentica, tu che sei assetato di bellezza e di giustizia, tu che non ti accontenti di facili risposte, tu che accompagni con stupore e trepidazione la crescita dei figli e dei nipoti, tu che… desideriamo incontrarti!». Inizia così la Lettera agli uomini e alle donne di buona volontà consegnata per il Cammino sinodale dal Consiglio episcopale permanente della Cei lo scorso 29 di settembre. Una lettera per iniziare un percorso di ascolto tra laici e gerarchia, che dà il via al processo sinodale della Chiesa italiana.

Ne parliamo con mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei.

Mons. Russo, negli anni della pandemia, a maggior ragione, questo incontro tra laici e presbiteri è molto desiderato.

I vescovi italiani, come è emerso nell’ultima Assemblea generale straordinaria, desiderano che le nostre Chiese siano più dinamiche; certamente “non partiamo da zero”, ma ci inseriamo in un percorso di evangelizzazione lanciato già cinquant’anni fa con il primo piano pastorale della Chiesa che è in Italia, che scelse di spendere le migliori energie per far circolare il Vangelo di Gesù. Il Cammino sinodale ci spinge a fare un passo ulteriore. C’è un bisogno diffuso di ritornare a dare nuovo valore alle relazioni, agli incontri che sappiano suscitare un ascolto profondo, coscienti del fatto che già l’ascolto vero delle persone e della vita delle comunità può segnare il primo passo dell’evangelizzazione. Del resto, la pandemia ha fatto emergere la necessità di tornare all’essenziale, di riscoprire il valore della comunità e del camminare insieme. 

Il Cammino sinodale della Chiesa italiana si snoda in tre fasi. La prima, quella narrativa, va dal 2021 al 2023; successivamente ci sarà una fase sapienziale (2023-2024) e infine una fase profetica (2025). Adesso intanto ci si ascolta con i gruppi sinodali nelle parrocchie. A che punto è questo ascolto della base?

In questo momento ci troviamo a metà del guado del primo anno di Cammino. Ciò che emerge, in maniera condivisa, è l’entusiasmo che sta caratterizzando l’ascolto. Ci sono volti, storie, esperienze gioiose e dolorose, ci sono domande, magari impreviste, c’è tutta la ricchezza che solo l’apertura allo Spirito porta a far emergere. Come ricordava papa Francesco il 30 aprile 2021 ai membri del Consiglio nazionale dell’Azione cattolica: «Non può esistere sinodalità senza lo Spirito, e non esiste lo Spirito senza la preghiera». È questa la strada che sta muovendo l’ascolto. Le diocesi la stanno percorrendo, sostenute da quella creatività che apre gli orizzonti. Condizione imprescindibile per realizzare una consultazione il più possibile ampia e integrata, capace di raggiungere tutte le persone, anche quelle che non frequentano abitualmente la comunità. A guidare questa fase è la domanda fondamentale proposta dal Sinodo dei vescovi: «Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata? E quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?». L’ascolto, dunque, non è disincanto ma incarnazione della Parola in questa nostra storia.

Nel 2025, alla fine di questo lungo processo di ascolto e riflessione, anche la Chiesa italiana sarà rinnovata. Come saprà dialogare con una società sempre più individualistica e spesso lontana dalla fraternità?

Fugando essa stessa le “tentazioni” dell’individualismo e dell’autoreferenzialità. Nel Discorso al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, papa Francesco ha proposto tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – che sono la base per il dialogo. «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – affermava il Papa – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente». Dobbiamo continuamente convertirci a questi tratti, altrimenti sfiguriamo la nostra fisionomia di credenti, delle nostre comunità, della Chiesa. Certamente, il Cammino sinodale ci incoraggia a metterci in ascolto di tutti, senza pregiudizi e senza paura. E sono certo che, guidati dai tre tratti, in questo tempo sperimenteremo modalità nuove per dialogare con persone “lontane” e quindi anche con una società apparentemente distratta. Ciò che conta è essere umili, consapevoli del fatto che lo Spirito soffia dove vuole e si avverte soprattutto nelle esperienze, nei fatti, nei desideri delle persone, specialmente di quelle povere e sofferenti. 

Il Sinodo, secondo le indicazioni di papa Francesco, potrà stimolare lo stile e il contenuto della corresponsabilità tra laici e gerarchia. Per arrivare a ciò, basta “affidarsi” allo Spirito oppure tentare di “normare” i segni di una vera collaborazione?

Come ha sottolineato papa Francesco, nel discorso del 30 aprile 2021 ai membri del Consiglio nazionale dell’Azione cattolica, «quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare, una decisione pastorale da prendere, ma anzitutto uno stile da incarnare». Il Sinodo universale e il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia permetteranno di fare esercizio concreto di sinodalità e di collaborare fattivamente, ovvero di camminare insieme. Ciascuno è chiamato a mettere a frutto i propri talenti non in virtù di una norma, ma del sacerdozio battesimale di tutti i credenti. È da qui che sgorga la partecipazione che dà origine e linfa a ogni progetto di collaborazione. Partire dal Battesimo allarga l’orizzonte ecclesiale e permette di respirare il profumo dello Spirito che permea stile e contenuto della corresponsabilità. 

Infine, le parrocchie. Solo tempio, o occasione per andare oltre il sagrato?

Le parrocchie hanno un ruolo fondamentale in quanto sono l’avamposto di quella “Chiesa in uscita” di cui parla papa Francesco. La pandemia ha mostrato – e in alcuni casi – rivelato una faccia diversa delle nostre parrocchie, delle nostre comunità: quella relativa non solo alla preghiera e alle celebrazioni, e dunque al loro essere “tempio”, ma anche il volto della carità, della vicinanza spirituale e materiale, della prossimità tradotta in mani tese e cuori aperti. Aprendo sempre di più le porte delle nostre parrocchie, intravediamo strade e percorsi che parlano di umanità, che chiedono una presenza amica, che sappia ascoltare in silenzio. E insieme generare un futuro di speranza. Associazioni e movimenti, come l’Azione cattolica, hanno una grande storia d’impegno in questo senso. E, ancora oggi, cogliendo le istanze che via via emergeranno, possono indicare questo “oltre il sagrato” con coraggio e audacia.

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