Le parole sono insufficienti e povere nel descrivere l’orrore, la paura, la disperazione che abbiamo
potuto leggere negli occhi dei sopravvissuti al dramma accaduto a Steccato di Cutro.
Quante storie abbiamo intrecciato. Quanti volti abbiamo incrociato. Quante mani abbiamo
stretto con la speranza che portasse conforto.
Quante speranze si sono infrante sulla spiaggia di Steccato di Cutro, perché non servono
solo due braccia per consolare, ma parole concrete da dire loro. Ci siamo sentiti responsabili delle
parole che proferivamo e tante volte ci sono sembrate inconcludenti, eppure, strappavano un
debole sorriso da quelle persone inermi, addirittura grate per essere lì con loro.
Intere famiglie sono morte in quest’orrore, molte famiglie si sono letteralmente spezzate,
molti naufraghi partiti con i familiari sono rimasti soli; erano tutti accomunati dal desiderio di una
vita migliore. Chi parte fugge dalla disperazione della guerra, dalle situazioni di grave instabilità
politica, dalla povertà, dalla fame, dalle calamità. Si parte nutrendo una speranza, sempre! Tutti
meritiamo una speranza di vita buona!
Quella notte la loro speranza si è infranta dinanzi alla malvagità degli scafisti che si sono gettati in
mare dopo aver accelerato il barcone, che poi si è schiantato sulla secca. Nemmeno il pianto degli
innocenti, dei piccoli li ha commossi: quei pianti ora non suonano all’orecchio di nessuno più,
perché non sono più!
I superstiti, uomini, donne e ragazzi sono persone che fanno ora i conti con un dolore profondo,
l’essere sopravvissuti. La loro speranza è rimasta viva ma silente. Quella flebile speranza è confusa,
è silente. Orami tutti sono partiti, chi diretti dai parenti in Germania, chi in altre parti di Italia o di
Europa.
Tutti hanno voluto quanto prima lasciare la nostra bella e amata terra per allontanarsi dall’orrore
che hanno visto. Indimenticabile!
Dinanzi a tutto ciò non si può rimanere in silenzio, bisogna non cadere nell’oblio del “non poter far
nulla o nel non poter fare di più”. I regolamenti e le leggi che, seppur cercano di fermare gli
scafisti, non considerano il fenomeno migratorio come naturale. Lo ripetiamo con forza insieme al
Santo Padre: la questione migratoria è una questione umanitaria. È in gioco la nostra
sopravvivenza come essere umani, perché quando regna l’indifferenza l’uomo distrugge e si
autodistrugge.
La Legge è fatta per l’uomo, non il contrario, ecco perché se non si sente la disperazione di tante
persone, tutte con un nome, un cognome, una storia, un mestiere, e con tante speranze di vita, se
non si riconosce la drammaticità delle loro svariate situazioni umane, allora le leggi non possono e
non si traducono in una vera e concreta difesa degli ultimi.
Il fenomeno migratorio è un fenomeno antropologico ed esistenziale; muoversi, per l’uomo, è
naturale come bere e mangiare. Cercare di vivere e, come in questi casi, di sopravvivere è la spinta
alla vita che guida ogni persona. Non vogliamo capire che pur vivendo nel Terzo Millennio ci
stiamo arenando umanamente, fino a non sentire più il grido degli ultimi.
Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2022
stravolge di gran lunga l’idea, purtroppo, molto comune di vedere nelle persone migranti solo un
problema da affrontare. Così egli scrive:
La presenza di migranti e rifugiati rappresenta una grande sfida ma anche un’opportunità di crescita culturale e spirituale per tutti. Grazie a loro abbiamo la possibilità di conoscere meglio il mondo e la bellezza della sua diversità. Possiamo maturare in umanità e costruire insieme un “noi” più grande. Nella disponibilità reciproca si generano spazi di fecondo confronto tra visioni e tradizioni diverse, che aprono la mente a prospettive nuove. Scopriamo anche la ricchezza contenuta in religioni e spiritualità a noi
sconosciute, e questo ci stimola ad approfondire le nostre proprie convinzioni.
A tutti noi cristiani spetta rispondere a ciò che è successo e rispondere in cordata in umanità.
Queste persone, questi piccoli, soprattutto quelli che non sono più, meritano una risposta,
meritano che il loro grande sacrificio, inconsapevole, muova a qualcosa di nuovo. Questi piccoli
meritano un mondo in cui regni la solidarietà come orizzonte comune di ogni cittadinanza.
Io, tu, dobbiamo dare una risposta! Io, tu, noi dobbiamo rimettere al centro la solidarietà umana,
l’umanità che è fondamento di ogni norma di convivenza, caposaldo di ogni legislazione che si dica
moderna e civile, principio di ogni speranza futura e possibile!