È il decimo Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, dopo il varo dello Statuto del 1969. Il primo siciliano. Il primo economista. Il primo formatosi nell’Azione Cattolica dei ragazzi. Giuseppe Notarstefano, 51 anni, nato a Canicattì (“una città che è un modo di dire”) arriva nella più antica e numerosa associazione di laici cattolici italiani – 154 anni di storia, 270.000 soci di tutte le età – scelto dalla terna di nomi che l’Assemblea nazionale ha presentato alla Conferenza Episcopale Italiana.
“La mia nomina è arrivata qualche settimana dopo la beatificazione del conterraneo Rosario Livatino. Per me è stato importante: lo avevo conosciuto quando tenne una conferenza nella mia scuola”, racconta Notarstefano. Lui e padre Puglisi, insieme a tutti gli uomini e le donne morti in Sicilia per mano della mafia, sono un’eredità che il Presidente dell’AC ritiene fondamentale non solo per il suo vissuto personale ma anche per l’associazione che è stato chiamato a guidare. “Sono testimoni dell’importanza dell’educazione alla legalità, il tema della giustizia dovrebbe essere obiettivo della politica ma, prima ancora, deve essere un punto fermo nell’educazione. Questi testimoni ci ricordano che siamo una realtà che opera per il bene di tutti”.
Nella sua terra Notarstefano è voluto tornare dopo la laurea in Economia alla Bocconi e una borsa di studio al Ministero del Tesoro: “Dalla Sicilia di solito si scappa, io volevo trovare qui un mio percorso personale, ma anche un impegno più ampio”. Lavora in una banca locale, nel frattempo continua a studiare , fa un dottorato all’Università di Palermo, inizia a insegnare. Dopo 18 anni sceglie di passare a una università più piccola, la Lumsa, che a Palermo apre una sua sede: “Avevo il desiderio di insegnare un’economia diversa, accompagnando i nuovi movimenti sociali e civili. Prima era un discorso di nicchia. Oggi, anche grazie a papa Francesco e alla Laudato si’, è diventato centrale anche nella Chiesa”. Un progetto condiviso con altri economisti cattolici, come Stefano Zamagni, Leonardo Becchetti, Luigino Bruni.
“E’ importante dare un’opportunità di sviluppo al territorio. Andare via non deve essere una scelta obbligata” aggiunge Notarstefano. Anche in questo vede un impegno per l’associazione: “La mobilità forzata genera precarietà. Per noi è importante, visto che l’associazione è presente in ogni diocesi, da Nord a Sud, che le persone possano sempre sentirsi invitate a camminare insieme, grazie a una rete capillare e accogliente”.
L’ha sperimentato sulla sua pelle Giuseppe: in fondo la proposta di matrimonio a Milena l’ha fatta nel 2001, quando ha cominciato a lavorare all’università come ricercatore. Un matrimonio associativo: si sono conosciuti in Azione Cattolica. Milena Libutti viene dalla Basilcata, dove è stata responsabile per i ragazzi, nella diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa. Ha accettato di lascoare la sua terra per provare a costruire in coppia un progetto di vita più a Sud. A Palermo – dove 12 anni fa è arrivato un figlio, Marco – oggi è bibliotecaria all’Istituto Ganzaga dei Gesuiti. “Siamo sempre stati molto vicini alla Compagnia: la spiritualità ignaziana ci ha accompagnato attraverso anche tanti amici gesuiti”, dice Giuseppe.
L’attenzione ai piccoli, la scelta di essere educatore e responsabile dell’ACR, per poi passare come responsabile del Settore adulti, ha significato essersi formati “in movimento”, pronti a intercettare le innumerevoli novità che i ragazzi portano con sé.
Amare senza riserve
“In Azione Cattolica tutti abbiamo imparato ad amare senza riserve e a servire senza guardare l’orologio, perché amare e servire sono i verbi che coniugano la gioia del Vangelo, come ci ha detto Vittorio Bachelet (il Presidente dell’AC ucciso dalle Brigate rosse nel 1989, ndr), modello luninoso per tante generazioni di aderenti e responsabili associativi”. Anche questo fa parte del bagaglio di Notarstefano.
La scelta della facoltà di studi, racconta oggi, nasce un po’ per caso. Diversamente da quanto sperato dal papà Marco – medico stimato di Canicattì, sindaco democristiano, morto nel 2005, al quale è stata anche dedicata di recente una strada di fronte all’ospedale dove ha operato per decenni – che avrebbe voluto vedere anche il figlio con il camice bianco, Giuseppe ha scelto la strada dell’economia. Una decisione che oggi lo vede impegnato nel comitato della Cei per la preparazione delle Settimane sociali di Taranto (in programma il prossimo ottobre) e nei diversi gruppi in cui si discutono le tematiche del creato e dello sviluppo sostenibile, temi chiave della Laudato si’.
Sinodalità e alleanze sono le parole che oggi Notarstefano vede per la “sua” Azione Cattolica. “L’AC è chiamata a divenire sempre più ‘palestra di sinodalità’, che vuol dire soprattutto camminare insieme, prendendosi cura reciprocamente e concretamente gli uni degli altri, praticando la delicata arte dell’ascolto del cuore e del custodirsi spiritualmente, promuovendo un dialogo autentico tra diverse vocazioni, età e condizioni di vita.
Lo stile per vivere l’oggi
La gratuità, insieme all’umiltà e alla mitezza, sono le caratteristiche che papa Francesco ha sottolineato in occasione dell’udienza concessa al Consiglio nazionale dell’Azione Cattolica Italiana lo scorso 30 aprile”. papa Francesco ha anche aggiunto: “Sono contento perché in questi anni avete preso sul serio la strada indicata dall’Evangelii gaudium. Continuate lungo questa strada: c’è tanto cammino da fare!”.
Subito dopo la sua elezione, il 27 maggio scorso, Giuseppe ha inviato un sms di saluto a tutti i soci. “Mi hanno risposto persone che hanno la tessera da 80 anni, ma anche tanti giovani. La nostra è un’associazione fatta di donne e di tanti giovani. Un’associazione presente in tante cose, iniziative, ma fatta di laici, quindi non totalizzante, perché la vita delle persone è importante”.
L’altra parola chiave è alleanza, “come modo di stare in questo tempo”. Sono lontani gli anni degli scontri tra le aggregazioni ecclesiali. “Costruire percorsi comuni, come quelli che abbiamo realizzato nell’alleanza contro la povertà, o contro il nucleare, o per l’acqua pubblica è quello che ci chiede anche la Laudato si’” spiega Giuseppe. Lo stile? “Decentrarci da noi, stimarsi reciprocamente, generare fiducia e speranza per tutti”.
Credere 28/2021