XXXVII Convegno Bachelet
Convegno realizzato con un contributo del Ministero dei Beni culturali.
«Il nostro sembra un Paese sostanzialmente fermo, ripiegato su sé stesso, incapace di prendere in mano il proprio destino perché sempre più diviso e rancoroso, sempre più impaurito e sfiduciato, sempre più carico di diseguaglianze»: non fa sconti il presidente nazionale dell’Ac Matteo Truffelli intervenendo a chiusura dei lavori del XXXVIII Convegno Bachelet “Azione cattolica e azione politica”, dedicato ai 150 anni di vita e di impegno dell’Ac per il Paese e per la costruzione del bene comune. In un’Italia con partiti e movimenti politici che appaiono sempre più avvitati su se stessi e sempre meno capaci di alzare lo sguardo oltre l’immediato tornaconto tattico, davanti a «una partitocrazia senza partito», secondo Truffelli, per dare un futuro a tutti e a ciascuno «c’è bisogno di persone coraggiose che compiano ogni sforzo per cercare i terreni comuni su cui poter incontrare chi la pensa diversamente, invece che sfidarsi in battaglie ideologiche tra diverse visioni del mondo, dell’uomo, della società».
Per l’Azione Cattolica questo significa essere all’altezza della sua storia: un’associazione che non ha mai smesso di spendersi significativamente per il nostro Paese, «attraverso un processo di maturazione, un approfondimento continuo e una progressiva presa di coscienza della nostra identità e delle sue implicazioni». In sostanza, significa continuare ad accogliere l’invito di Francesco ad essere fedeli al nostro compito di laici “capaci di fare politica con la P maiuscola”.
In un Paese sempre più diviso, richiuso su se stesso, questo significa innanzitutto che «dobbiamo essere capaci di unire l’Italia e non certo di dividerla, perché il futuro del Paese significa anche rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generosità», come sottolinea il card. Bassetti, «e come – rammenta il presidente Truffelli – ci siamo detti lo scorso 30 aprile». L’Azione cattolica deve stare «dentro le dinamiche dell’oggi e aiutare tutti – a partire dai nostri aderenti – a starci dentro con lo stile, il linguaggio e la lungimiranza di chi lavora perché l’unità prevalga sul conflitto». Un compito, questo, che deve spingere le donne e gli uomini di Ac innanzitutto a scegliere di fare dell’associazione «uno spazio di discussione e di approfondimento delle questioni, a partire da un autentico investimento su quelle realtà in cui il futuro prende forma: la scuola, l’università, i percorsi di formazione e di introduzione al lavoro, le esperienze di educazione, i luoghi di socializzazione e gli spazi di integrazione delle differenze».
Ancora più e ancor prima che buoni politici, al nostro Paese occorrono buoni cittadini. «Cittadini appassionati, generosi, consapevoli, maturi», sottolinea Truffelli. «Spetta a noi continuare a fare tutto il possibile per formare e accompagnare cittadini coscienti delle proprie responsabilità e felici di esercitarle». Al tempo stesso, però, l’Ac non può non avvertire anche l’importanza di un’attenzione più specifica per «la formazione e l’accompagnamento di coloro che scelgono di vivere un impegno più strettamente politico».
A un’associazione come l’Azione cattolica – secondo il suo presidente – è chiesto innanzitutto di «elaborare e formulare proposte buone per la vita del Paese, ma dobbiamo anche essere in grado di argomentarle in modo totalmente “laico”». In questo ci sostiene Francesco – sottolinea Truffelli – quando
ricorda che «né il Papa né la Chiesa posseggono il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale o della proposta di soluzioni per i problemi contemporanei (EG 184)». Si tratta di un grande richiamo alla responsabilità di ciascuno, «siamo tutti invitati a non aspettarci di trovare nell’insegnamento della Chiesa soluzioni predefinite».
L’inclusione dei poveri e la costruzione della pace – per il presidente Ac – rappresentano due priorità in senso quasi letterale, poiché vengono prima delle altre questioni, «costituiscono la precondizione per la soluzione di ogni altro problema».
Applicare la strategia del bene – per Truffelli – significa imparare a collocarsi “sotto le parti”, cioè ad «assumere la prospettiva visuale di chi si trova in basso, di chi è vittima, di chi ha meno voce per far valere le proprie ragioni e meno strumenti per difendere i propri diritti». Non però per interesse di parte, ma perché il bene comune è un prodotto in cui «il moltiplicatore è dato dal tasso di riduzione delle diseguaglianze».
Infine, per il presidente Truffelli – come Azione Cattolica, dobbiamo centrare la nostra azione su alcuni aspetti fondamentali su cui misurare la nostra e l’altrui capacità di fare «politica con la maiuscola» e su cui si gioca il futuro dell’Italia: la riduzione delle diseguaglianze, la cura dei processi democratici, l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, la promozione e l’umanizzazione del lavoro, l’investimento sulla scuola e sull’università, il sostegno a chi desidera formare una famiglia e avere dei figli, la cura della vita e in particolare delle vite deboli, di quelle sofferenti e di quelle emarginate, la lotta alla criminalità e alla corruzione, il rilancio dell’Europa e la promozione di una strategia internazionale di pace. Tutte questioni sulle quali – ricorda Truffelli – sta lavorando il Consiglio nazionale dell’Ac. «Tutto questo perché non dobbiamo mai dimenticare che il bene comune si costruisce solo “in comune”».
di Antonio Martino