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Il sogno di La Pira e la crisi in Ucraina

Da Firenze un invito a guardare oltre il muro dell’incomunicabilità, perché la pace è sempre possibile. Nel segno del “sindaco santo”

Per un’improvvisa coincidenza temporale i venti di guerra che si addensano tra l’Ucraina e la Russia e la speranza di un negoziato vero e duraturo tra le parti in causa camminano di pari passo. Il sogno di Giorgio La Pira, spes contra spem, e il baratro di un’escalation militare che pare non ascolti il dialogo.

È proprio così. E se da Firenze, che sta ospitando in questi giorni il Convegno dei vescovi Mediterraneo frontiera di pace, promosso dalla Cei, e il Forum dei sindaci del Mediterraneo, convocato dal sindaco Dario Nardella, lo sguardo va a Kiev e a Mosca, tutti attendono quello che dirà il Papa domenica nella sua visita a Firenze. Una parola di riconciliazione attesa, desiderata. Intanto, durante l’udienza generale di mercoledì 23 febbraio, Francesco ha detto: «Provo un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione nell’Ucraina. Nonostante gli sforzi diplomatici delle ultime settimane si stanno aprendo scenari sempre più allarmanti. Come me, tanta gente in tutto il mondo sta provando angoscia e preoccupazione. Ancora una volta la pace di tutti è minacciata da interessi di parte». Ha poi rivolto un invito: «Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è il Dio della pace e non della guerra, il Padre di tutti non solo di qualcuno che ci vuole fratelli e non nemici. Prego tutte le parti coinvolte perché si astengano da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni, destabilizzando la convivenza tra le nazioni e screditando il diritto internazionale. Gesù ci ha insegnato che alla insensatezza diabolica della violenza, si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. Invito tutti a fare il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della Pace preservi il mondo dalla follia della guerra».

«Cari amici, mai come oggi risuona alle nostre orecchie la lezione di La Pira sul ruolo delle città nel mondo per raggiungere la pace mondiale – osserva il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nella prolusione al Convegno di Firenze che si è aperto oggi pomeriggio –. In questo momento, infatti, mentre soffiano inquietanti venti di guerra dall’Ucraina, gli Stati non sembrano avere la forza, a fronte dell’eventuale buona volontà dei loro leader, di superare il meccanismo strutturato dai rapporti di forza. I nostri popoli, le nostre città e le nostre comunità religiose, invece, possono svolgere un ruolo straordinario: possono spingerli verso un orizzonte di pace e di fraternità. Ecco un’altra intuizione potente dell’ex sindaco di Firenze che, a partire da domani, rivivrà in Palazzo Vecchio: le città bombardate e saccheggiate gridano anche oggi che non vogliono più sopportare e accettare le guerre degli Stati». Ecco la visione utopica di Giorgio La Pira. Spes contra spem. Per un Mediterraneo e un’Europa di speranza e di pace.

E allora sotto la spinta utopica e riformatrice di Giorgio La Pira con i suoi Colloqui Mediterranei e i Convegni per la pace e la civiltà cristiana – che furono, all’epoca, una boccata d’ossigeno immaginata proprio da La Pira rispetto all’indifferenza della politica e delle cancellerie di mezzo mondo – è lecito pensare che il parlarsi, il dialogare, persino il pregare, resti sempre il fondamento di una pace che faccia fermare le armi. Perché prima c’è la pace del cuore, e poi delle nazioni. Prima la certezza della inadeguatezza della guerra a risolvere i conflitti e poi la fiducia nell’inevitabilità del negoziato.

Una strategia di pace che La Pira fece sua con i gemellaggi tra Firenze e le città di tutti i continenti: Kiev, sì, proprio Kiev, Reims, Fez, Filadelfia. Unire le città per unire le nazioni.

E tra i suoi pellegrinaggi di pace ci fu uno che fece molto scalpore, nel 1959, proprio a Mosca, primo politico occidentale non comunista a varcare la “cortina di ferro”. Abbattere i muri e costruire ponti sul sentiero di Isaia, che dovrebbe essere il nostro compito di cristiani “sul crinale apocalittico della storia”, coerentemente con l’ipotesi di fondo, storica e teologica, dell’unità della famiglia umana.

Il “santo al Cremlino” – così lo definì affettuosamente il giornalista e amico personale Vittorio Citterich, che l’accompagnò in quel famoso viaggio – parlò ai rappresentanti del Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo, incontrò gli intellettuali più rappresentativi e affrontò anche il problema dell’ateismo di Stato. Ovviamente con un “proprio” supporto spirituale: prima di iniziare il viaggio a Mosca si recò a Fatima per chiedere la protezione della Madonna e scrisse ai monasteri di clausura femminili perché lo accompagnassero con le loro preghiere.

I motivi della sua visita a Mosca, La Pira li scrisse nelle lettere a Giovanni XXIII: «Altro scopo ultimo questo mio viaggio in Russia non aveva: aprire il transito: fare da spazzaneve: operare la prima apertura nella cortina: entrare in Gerico: e tutto ciò con uno scopo solo: l’unità della Chiesa di Occidente e di Oriente: unità che condiziona quella futura dei popoli e delle nazioni». 

Oggi, con la tensione che di nuovo l’Europa respira a pieni polmoni rispetto al pericolo, dopo tanti anni di pace, di una ripresa di una guerra di cui nessuno può ora prevederne gli sviluppi, l’insegnamento di Giorgio La Pira ci viene in aiuto. Non utopia impossibile. Non percorsi illusori. Ma concreti gesti di pace. Che partono dal cuore della gente per arrivare al cuore delle nazioni. Che salpano dal Mediterraneo per attraccare ai confini dell’Europa dell’est. 

Spes contra spem. La speranza contro la speranza. Per leggere i “segni dei tempi” con l’aiuto della mitezza, della preghiera, dell’inossidabile certezza della conversione dei cuori, anche quando tutto sembra essere perduto. «Noi dobbiamo riscostruire – diceva La Pira – una casa comune che, per reggere alle intemperie del tempo, ai venti d’Oriente e ai venti d’Occidente, deve essere fondata sulla roccia, come dice il vangelo di Matteo. E la roccia sono i santi che Occidente e Oriente venerano insieme: i Santi Cirillo e Metodio, San Vladimiro, Sant’Antonio di Kiev, San Teodosio, San Sergio di Radonigi, San Nilo e tutti gli altri che sono il comune tessuto di santità della Chiesa d’Oriente e della Chiesa d’Occidente».

Da Firenze, ancora una volta, le parole e le opere di Giorgio La Pira, insieme all’accorato appello di Francesco, ci arrivano diritto in faccia, a indicarci di nuovo il cammino.

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