Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Sono contento che siate venuti così numerosi a rendere grazie al Signore per la Beatificazione
di Armida Barelli, avvenuta un anno fa a Milano. Ringrazio la responsabile giovani dell’Azione
Cattolica che si è fatta “portavoce” di tutti, cioè delle tre realtà che hanno promosso la causa di
beatificazione: l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Azione Cattolica Italiana e le Missionarie
della Regalità di Cristo.
Mi rivolgo anzitutto a voi dell’Università Cattolica. Armida Barelli è stata tra i fondatori e da
questo possiamo ricavare un primo tratto della sua figura: è stata una donna generativa. Riflettiamo
un momento su questo aspetto.
La donna è custode privilegiato della generatività – lo sappiamo – che si può realizzare grazie
al dialogo di reciprocità con l’uomo. La Barelli è stata tessitrice di grandi opere e lo ha fatto
realizzando una trama formidabile di relazioni, girando in lungo e in largo l’Italia e tenendo contatti
con tutti. Lo documentano le sue numerose e appassionate lettere. Oggi non mancano, purtroppo,
spinte di segno contrario, ossia de-generative. Sono molto dannose per la vita familiare, ma si
possono osservare anche a livello sociale, nelle polarizzazioni e negli estremismi che non lasciano
spazio al dialogo e hanno un effetto disumanizzante. Non lasciare spazio al dialogo: pensiamo un
po’ a questo.
Anche rispetto al tema della leadership femminile in ambito ecclesiale e sociale – di cui la
Barelli può essere considerata formidabile anticipatrice – abbiamo bisogno di un modello integrato,
che unisca la competenza e la prestazione, spesso associate al ruolo maschile, con la cura dei
legami, l’ascolto, la capacità di mediare, di mettere in rete e di far crescere le relazioni, a lungo
ritenute appannaggio del genere femminile e spesso sottovalutate nel loro valore produttivo.
Insomma, anche in questo caso è l’integrazione, la reciprocità delle differenze a garantire
generatività anche in campo sociale e lavorativo. È questo un compito affidato in modo particolare
all’Università Cattolica del Sacro Cuore, di cui proprio domani si celebra la 99a Giornata Nazionale
sul tema: “Per amore di conoscenza. Le sfide del nuovo umanesimo”. Questa grande istituzione
accademica è chiamata ad avere oggi lo stesso slancio educativo e la stessa intraprendenza
formativa che hanno guidato Padre Agostino Gemelli e la Beata Armida Barelli.
In particolare la Barelli, attraverso l’Ateneo, ha contribuito a formare la coscienza civile in
centinaia di migliaia di giovani, tra cui molte donne. Un’opera che diventerà particolarmente
visibile nel momento in cui, terminata la guerra, si tratterà di ricostruire il Paese avviando un
processo democratico. Ancora oggi abbiamo bisogno di donne che, guidate dalla fede, siano capaci
di lasciare il segno nella vita spirituale, nell’educazione e nella formazione professionale.
Grazie, amici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore! La Beata Armida continui a ispirare il
vostro lavoro.
Mi rivolgo ora a voi, fratelli e sorelle dell’Azione Cattolica, e vorrei evidenziare un secondo
tratto della Beata: il primo tratto era la generatività, il secondo tratto della Beata è essere apostola.
È diverso, è una cosa diversa. Uno può generare cose, ma non essere apostolo; la Barelli generava
ed era apostola.
Sappiamo che il Regno di Dio germoglia, cresce e fruttifica continuamente dappertutto: la vita
di Armida Barelli esprime questa dinamica e ci permette di contemplare come il Signore compia
cose grandi quando le persone si rendono disponibili e docili alla sua volontà, impegnandosi con
umiltà, creatività e intraprendenza. La sua biografia narra di una grande perseveranza nel cercare di
rimanere con il Signore, come un tralcio nella vite, e mostra il suo desiderio di condividere questa
esperienza con tanti altri. Rimanere nel Signore come un tralcio nella vite.
Armida scrive che, dopo aver accolto la proposta del Papa di fondare la Gioventù Femminile in
Italia, sente “di non appartenersi più”, di dover fare della propria esistenza un dono per gli altri, di
essere lei stessa “una missione”, al di là dei suoi limiti e delle sue imperfezioni. In effetti, «la nostra
imperfezione non dev’essere una scusa; al contrario, la missione è uno stimolo costante per non
adagiarsi nella mediocrità e per continuare a crescere» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 121). Risuona
così ancora oggi l’invito della Beata a non accontentarsi di vivere in modo accomodante,
adagiandosi tra compromessi e auto-assoluzioni – “non ce la faccio”, “non sono all’altezza”, “non
ho tempo” e così via –, ma a vivere piuttosto da apostoli della e nella gioia.
Essere apostole e apostoli vuol dire essere laiche e laici con passione, appassionati del Vangelo
e della vita, prendendosi cura della vita buona di tutti e costruendo percorsi di fraternità per dare
anima a una società più giusta, più inclusiva, più solidale. Ed è importante fare tutto questo insieme,
nella bellezza di un’esperienza associativa che, da un lato, allena a saper ascoltare e dialogare con
tutti e, dall’altro, esprime quel “noi più grande” che educa alla vita ecclesiale, vita di popolo che
cammina insieme.
Negli ambiti dell’economia, della cultura, della politica, della scuola come del lavoro, nella
costante attenzione ai più piccoli, ai fragili e ai poveri, vi incoraggio a cercare strade per camminare
con tutti, perseguendo la pace e la giustizia. Questo è ciò che la Beata Armida Barelli fece nel suo
tempo con spirito di totale affidamento al Signore e con stile improntato alla concretezza.
Al cuore della vita associativa ci sia sempre una formazione integrale, e al cuore della
formazione la spiritualità evangelica. L’essere radicati e dedicati alla vita delle vostre Chiese locali
alimenti sempre in voi la spinta missionaria, per allargare ancora di più il vostro cuore e il vostro
sguardo contemplativo sul mondo. Accogliamo l’esortazione della beata Armida, la “sorella
maggiore”, ad amare, amare, amare; amare senza misura, rigenerati dall’amore di Dio, che
trasforma la vita delle persone, in modo concreto e credibile, e attraverso le persone attiva processi
e percorsi di rinnovamento sociale. Grazie a voi, membri dell’Azione Cattolica!
Ed ora mi rivolgo alle Missionarie della Regalità di Cristo, e così possiamo mettere in luce in
Armida il suo essere consacrata nel mondo.
La consacrazione secolare è una vocazione, e una vocazione esigente. L’approvazione degli
Istituti secolari da parte di Pio XII con la Provida Mater Ecclesia è stata una scelta rivoluzionaria
nella Chiesa, un segno profetico. E da allora è tanto grande il bene che voi fate alla Chiesa, dando
con coraggio la vostra testimonianza nel mondo.
La consacrazione secolare è paradigma di un nuovo modo di vivere da laici nel mondo: laici
capaci di scorgere i semi del Verbo dentro le pieghe della storia, impegnati ad animarla dall’interno
come lievito, capaci di valorizzare i germi di bene presenti nelle realtà terrene come preludio del
Regno che viene, promotori dei valori umani, tessitori di relazioni, testimoni silenziosi e fattivi
della radicalità evangelica. Diceva San Paolo VI: «Se rimangono fedeli alla loro vocazione propria,
gli Istituti Secolari diverranno quasi il “laboratorio sperimentale” nel quale la Chiesa verifica le
modalità concrete dei suoi rapporti con il mondo». [1]
Il vostro, care sorelle, è un Istituto secolare femminile, e ciò chiama in causa le donne e la loro
peculiare vocazione nella Chiesa e nel mondo. La Beata Armida, con questa forma di vita, le ha
promosse in modo nuovo, sull’esempio di tante donne testimoni del Vangelo lungo i secoli. Il
modello che ha proposto anche nella vita consacrata è un’immagine nuova di donna, non da
“tutelare” e tenere in disparte, ma da inviare a costruire il Regno, dandole fiducia.
Armida è stata capace di leggere i segni dei suoi tempi e i bisogni più urgenti: pensiamo al
bisogno di una rinnovata cura della spiritualità; pensiamo alla formazione e alla chiamata
all’impegno per le giovani donne; pensiamo alla sfida educativa e al sogno di una università
cattolica in Italia; pensiamo alla passione per il mondo, a partire dalla certezza dell’universalità del
messaggio di Cristo. Questi bisogni furono per Armida Barelli terreno di impegno e di missione.
Così lei anticipò i tempi del Concilio Vaticano II, mettendo in pratica uno stile comunitario in
cui donne e uomini, giovani e adulti, laici e sacerdoti, collaborano insieme per il fine apostolico
della Chiesa, tutti insieme protagonisti della stessa missione in virtù del Battesimo. Spesso facciamo
fatica a intraprendere una strada di impegno, perché pensiamo di non essere mai all’altezza, nelle
scelte personali e in quelle del servizio alla comunità. Se Armida fosse qui a parlare oggi, ci direbbe
ancora che se ci affidiamo al Signore nulla è impossibile. Affidarsi a Lui non è una delega, è un atto
di fede che dà vigore e dà slancio alla speranza e all’azione. Grazie dunque anche a voi, Missionarie
della Regalità di Cristo!
Cari fratelli e sorelle, la Beata Armida ci ha radunati e ci ha aiutato a riconoscere questi tratti
essenziali dell’essere cristiani oggi: la generatività, l’essere apostoli e la consacrazione nel mondo.
Generatività, apostolato e consacrazione nel mondo. Ognuno può accogliere il suo esempio secondo
la propria vocazione: è una ricchezza per tutti noi, per tutta la Chiesa. Perciò vi ringrazio tanto di
questo incontro. Vi benedico tutti e vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie.