L’adesione all’Ac, un’associazione che da oltre 150 anni è un cantiere di partecipazione ecclesiale e civile, è un processo che dura tutta la vita. È una scelta da compiere ogni anno, allo stesso modo in cui, nella Veglia pasquale, si rinnovano le promesse battesimali. È un cammino sinodale che ha le sue tappe: avvicinare con simpatia qualche socio di Ac, accostarsi alla dinamica formativa dell’associazione, accoglierne la proposta educativa, assaporando la ricchezza del suo patrimonio di santità, sentire la salutare inquietudine di appartenere alla Chiesa e di cooperare alla sua missione, confermando il proprio impegno con l’adesione. La “filiera” di queste tappe è paragonabile allo sviluppo di un granello di senape che, col passare del tempo, porta i suoi frutti. L’accumularsi delle tessere, anno dopo anno, è assimilabile agli anelli del tronco di un albero: indicano la crescita dei soci «in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini».
Il cristianesimo si dà in una comunità, nel noi della fede della Chiesa: non nel labirinto di una relazione spiritualista dell’io orante con Dio, ma dentro la storia e la trama di una fraternità. L’elemento comunitario è, dunque, costitutivo della Chiesa, «Corpo di Cristo che si manifesta come popolo di Dio in cammino». Farsi artigiani di comunione, tessitori e cesellatori di unità, è la vocazione propria dell’Associazione di Ac che, configurandosi come «laboratorio di fraternità», si qualifica come «palestra di sinodalità», abilitata a «continuare ad essere – ha chiosato il Santo Padre Francesco nel discorso rivolto, il 30 aprile 2021, al Consiglio nazionale di Ac – un’importante risorsa per la Chiesa in Italia». La sinodalità è, infatti, il suo “mestiere”, la sua “specializzazione”, la sua “disciplina” fondamentale, la sua corretta “postura”.
L’esercizio della sinodalità, in cui si traduce in concreto e si realizza la communio sanctorum – nel suo duplice significato di comunione con le realtà sante (sancta) e di comunione tra le persone santificate (sancti) –, caratterizza lo stile di governo dell’Ac, ad ogni livello. Esso non si ispira alla leadership del presidente in carica o, al contrario, a un tavolo sindacale, ma si fonda sulla “mutua interiorità” tra sacerdozio comune e ministeriale, posto al servizio di quello battesimale che lo precede e lo ingloba, essendone la fonte. L’assunzione della forma mentis sinodale è, dunque, una sfida permanente per l’associazione di Ac, chiamata a testimoniare che la tensione dinamica tra il camminare e lo stare insieme, «frutto e condizione della Pentecoste», inizia dall’ascolto della Parola, nella volontà di assumere non l’uno o l’altro campo di apostolato, bensì il fine stesso della Chiesa: «L’annuncio del Vangelo a tutti gli uomini e a tutti gli ambiti». «Il carisma proprio – scrive papa Francesco nella lettera per i 30 anni del Forum internazionale di Azione cattolica – è non avere nulla di proprio ma offrire disponibilità a tutti i bisogni della Chiesa in ogni luogo».
Articolo pubblicato su Avvenire dell’8 dicembre 2021