Vogliono vivere da protagonisti dentro la complessità di questo tempo. Non con ricette preconfezionate, ma nella disponibilità a un cambio di rotta che parta dall’ascolto della vita e dalla fedeltà al Vangelo. È un segno promettente che profuma di futuro quello posto da 250 giovani di tutta Italia a Montesilvano, raccolti per una tregiorni di formazione promossa lo scorso weekend dall’Azione cattolica italiana. La location sulla riva dell’Adriatico ispira pensieri e parole e l’orizzonte che si apre allo sguardo è un forte invito a mettersi in viaggio. Il tema del convegno, del resto, è proprio quello di navigare dentro un cambiamento «che non vogliamo guardare dalla finestra, ma lasciandoci coinvolgere », come spiega Lorenzo Zardi, vicepresidente nazionale del Settore giovani di Ac insieme con Emanuela Gitto.
«Farsi coinvolgere vuol dire sicuramente farsi cambiare. E cambiare non è snaturare, ma servire meglio – continua –. Il nostro compito, come diceva Bachelet, è aiutare tutti i giovani ‘ad amare Dio e ad amare i fratelli’ mettendo al centro l’ascolto della vita. Farsi prossimi significa assumersi la responsabilità di non lasciare soli i giovani nel cammino verso il diventare adulti. Sogniamo che i nostri gruppi di Ac siano un’esperienza in grado di sostenere ciascuno a maturare la propria vocazione». Nei laboratori di lavoro, i primi in presenza nel tempo della pandemia, si incrociano sguardi, si condividono riflessioni. Le mascherine che coprono i volti e l’osservanza delle norme anti-Covid evidenziano come si stia ancora vivendo qualcosa di inedito. «Facciamo fatica a percepirci comunità, la pandemia ha come accelerato l’individualismo », dice Filippo Pasquini di Rimini. «Eppure – conferma Francesco Annesanti, di Terni – grazie a quanto stiamo vivendo ho riscoperto il senso di responsabi-lità, per essere anche a scuola una presenza propositiva».
Navighiamo in un tempo in cui la fede non è più scontata, «ma è sempre il tempo buono per agire» rimarca Emanuela Gitto. «Abbiamo bisogno di creatività per trovare delle modalità che possano aiutare la fede a diventare un reale punto di riferimento – aggiunge –. La pluralità delle storie, delle culture e delle tradizioni ci richiama alla sfida del ‘bilinguismo’: dobbiamo parlare con la lingua del Vangelo e della cultura. La nostra deve essere una costante ricerca di parole nuove, di modi nuovi per comunicare la fede con la nostra lingua di giovani. Sappiamo parlare poco di noi e a volte ci raccontiamo male perché abbiamo paura. Per molti, però, noi siamo l’unica Chiesa che hanno la possibilità di incontrare. Allora si tratta di domandarci seriamente: che Chiesa siamo per gli altri? Come, da giovani di Ac, raccontiamo la nostra fede?.
Una domanda che rilancia la priorità di prendersi cura della propria vita interiore, «regalandosi degli spazi di silenzio» dice Pietro Festa di Cerreto-Sannita, «perché per accompagnare i più piccoli non puoi prescindere dal farti accompagnare da qualcuno», gli fa eco Carlo Marchetto, della diocesi di Vittorio Veneto. «Quante volte a chi mi chiedeva un consiglio ho raccontato come la fede mi ha personalmente aiutato ad attraversare quella difficoltà», confida Elena Ferrari di Piacenza. «Occorre anche la sapienza di saper aspettare il tempo dell’altro» continua Beatrice Capiluppi di Reggio Emilia; «mettendosi accanto agli altri con rispetto e senza aver paura di rischiare» dice Sofia Livieri di Padova. Michele Dalla Serra arriva dalla diocesi di Bolzano-Bressanone: «Come giovane che accompagna gli adolescenti mi domando quanto riusciamo a essere testimoni di ideali grandi e di bene, aiutando i più piccoli a far emergere la loro vera identità». «Non posso cambiare nulla se non cambio io per primo, sapendo che il Signore mi è accanto ogni giorno», aggiunge Francesco Fulgenzi di San Benedetto del Tronto.
Tra ascolti, confronti e preghiera, Montesilvano è anche apertura e nuove relazioni, «perché è solo camminando insieme che annunciamo il Vangelo» evidenzia Gugliemo Labalestra di Taranto. Gli studenti si confrontano sullo stile con il quale abitare la scuola: «L’importante non è alzare la voce per imporre il nostro punto di vista, ma partire dall’ascolto – dice Ludovica Mangiapanelli, vicesegretaria nazionale del Movimento Studenti –. Per essere reali portatori del Vangelo tra i banchi di scuola non dobbiamo urlare, ma esserne testimoni, facendoci testimoni della bellezza che infonde nella nostra vita e di tutto quello che ci insegna ogni giorno». «Occorre ripeterci che, nonostante tutto, la scuola continua a essere il motore del nostro Paese – evidenzia Lorenzo Pellegrino, segretario nazionale del Msac –. Vogliamo impegnarci per una scuola che ci permetta di appassionarci allo studio, per acquisire quella consapevolezza che consente di guardare con nitidezza noi stessi e il mondo». Il cambio di rotta avviato ora chiede navigazione. I giovani di Ac hanno scelto di percorrere la traversata con intelligenza e responsabilità.
Articolo pubblicato su Avvenire dell’8 dicembre 2021