Anna e Caterina sono due ragazze di 12 anni, sono compagne di scuola da sempre e sono legate da un rapporto di amicizia spontaneo, vero e coraggioso, passato attraverso ciò che i ragazzi vivono, fatto di cose importanti che hanno a che fare con le conseguenze degli sbagli dei grandi e con la durezza che a volte anche i pari imparano ad esprimere fin da piccoli. Ma hanno conquistato una forza e una serenità che sanno trasmetterti a distanza. Caterina è una acierrina di lunga data. Siamo a settembre e finalmente i ragazzi, dopo le chiusure dovute alla pandemia, hanno la possibilità di tornare a stare insieme in gruppo in Parrocchia. Caterina non lo aveva mai fatto prima, forse perché non ce ne era stata la possibilità, forse perché gli impegni di Anna in precedenza non lo avevano permesso, ma sta di fatto che Caterina invita Anna ad andare all’Acr. Anna accetta l’invito. Le piace. Quando le parlano dell’adesione, torna a casa, dice di voler aderire e condivide la sua decisione con Caterina. Ed è lì che Caterina pensa di regalare ad Anna la tessera. Ha il desiderio che l’adesione di Anna passi simbolicamente anche attraverso il suo impegno, il suo coinvolgimento. Il «sì» resta quello di Anna e nessuno si può sostituire a lei in questo, ma acquista un sapore diverso perché passa per il dono di Caterina che si sente responsabile nell’aver chiamato l’amica a diventare parte di una storia che si rinnova, che si fa nuova con i “sì” ridetti, come quello di Caterina e degli amici con cui è cresciuta in Acr in questi anni, e con i «sì» inediti come quello di Anna.
La storia di Anna e Caterina ci svela un senso profondo proprio della festa dell’adesione. L’Azione cattolica è esperienza di Chiesa che chiede il coraggio non solo di essere raccontata, ma anche di essere proposta e promossa. Non tanto o non solo a parole. La promozione dell’associazione è una forma di generosità perché ci dice che non abbiamo il diritto di trattenere per noi qualcosa che sappiamo, non è solo per noi ma è per tutti.
Per tutti, ragazzi compresi, oggi più che mai. L’impatto che la pandemia ha avuto e sta avendo sul mondo dell’infanzia e dell’adolescenza ci ha messo nella posizione tanto complicata quanto privilegiata di porci in ascolto delle domande di senso che attraversano la vita dei ragazzi. Spesso, anche noi disorientati da quanto stava accadendo, abbiamo faticato a fornir loro le risposte che andavano cercando. Non per questo ci hanno rinfacciato di essere inadeguati ma, là dove abbiamo avuto il coraggio di stare con loro dentro alle domande non lasciandoli soli a fare i conti con esse, hanno fatto esperienza di un amore disposto ad abitare con loro il mistero. Non si sono sentiti soli e al contempo con la loro presenza hanno toccato le corde dell’esistenza dei più grandi, portandoli a saggiare il primato della loro vita che dal profondo ha spinto in superficie interrogativi generativi per tutti. E ci hanno aiutati a incarnare una delle più belle pagine del Progetto Formativo aggiornato: «L’esperienza formativa deve mirare a far maturare una fede che è un tutt’uno con la vita, una fede di cui gustare la bellezza dentro e attraverso l’esistenza umana, in tutte le sue pieghe».
Articolo pubblicato su Avvenire dell’8 dicembre 2021